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SIMSPE
02/08/2013

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Legalità, Sicurezza e Diritti dei Detenuti

3 agosto 2013 – Una nota del Presidente SIMSPe–ONLUS sulla necessità deontologica di ogni medico che esercita la professione in carcere per conto del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), a sentirsi attivamente e costantemente coinvolto nella tutela dell’integrità fisica di tutte le persone recluse.

<Nelle ultime settimane al Carcere di Viterbo “Mammagialla” è in atto un serrato confronto tra Direzione e Sindacati degli Agenti di Polizia Penitenziaria, con riflessi sulla stampa locale e sul web, in merito alle regole da seguire per il controllo sia dei singoli detenuti meno tranquilli che dei gruppi, etnici o meno, che si formano e si confrontano all’interno delle mura penitenziarie talvolta, purtroppo, anche con gli stessi Agenti.
Non conosciamo e non vogliamo in alcun modo entrare nel merito delle dinamiche interne a quell’Istituto.
Ci sembra questa, però, l’occasione per sottolineare a tutti i nostri Soci, qualunque sia la loro operatività in ambito penitenziario, come con il passaggio al SSN sia radicalmente cambiata la prospettiva dell’operare medico e infermieristico in tale ambito. Basti pensare che siamo passati dal dover rendere conto del proprio operato medico al Direttore dell’Istituto, ad avere come referente il Direttore Sanitario dell’Azienda Sanitaria od Ospedaliera territorialmente competente.
Nessuno fin’ora aveva riflettuto su come il D.P.C.M. 01/04/2008 rappresenti una straordinaria apertura del mondo penitenziario verso l’esterno in quel processo di democrazia e partecipazione che vuole trasformare le istituzioni penitenziarie in case di vetro in cui tutti possano vedere dentro. Quindi, a garanzia delle persone detenute, ma ancor prima di tutti coloro che a qualsiasi titolo prestano la loro opera in carcere ed anche delle Istituzioni tutte, è doveroso rammentare a tutti il ruolo di “GARANTE“ svolto dal Sanitario Penitenziario che, non dimentichiamolo, è un pubblico ufficiale e, come tale, ha degli obblighi come quello della compilazione, quando necessita,  del  referto.
Giova ricordare con un senso di sano pragmatismo, che la Magistratura, specie oggi che i Medici non dipendono più dal Ministero della Giustizia, si attende dalla categoria la massima collaborazione in tal senso, non ravvedendo certamente responsabilità, in caso di omesso o insufficiente referto, in capo alla Direzione dell’Istituto o alla Polizia Penitenziaria.
In sintesi, Medici liberi e attenti nel vedere, refertare e segnalare con tempestività ogni situazione clinica di cui vengano a conoscenza, qualsiasi ne sia l’origine. Parliamo di etica innanzi tutto, ma anche di codice deontologico e di obbligo alla refertazione.
Gli Agenti di Polizia Penitenziaria dovrebbero finalmente ricevere dalla Società quel giusto riconoscimento per il lavoro di pubblica sicurezza che sono chiamati a svolgere verso un’utenza difficile, dura e a volte violenta.  Operano in situazioni di grave ed oggettiva difficoltà, quali l’insopportabile sovraffollamento e le croniche carenze di personale, affrontano situazioni sicuramente non facili, sedando disordini fra detenuti, prevenendo i tentativi di suicidio, garantendo ordine, disciplina e sicurezza anche per il personale sanitario, mostrando in alcuni casi comportamenti che potremmo definire eroici.
Ma oggi il grado di civiltà di un Paese come il nostro, viene misurato a livello internazionale anche e soprattutto dalle condizioni generali del suo sistema penitenziario.
Il fatto che fra tutti gli operatori penitenziari si condivida che le persone detenute continuano a far parte della società, che conservano la maggior parte dei loro diritti civili e acquistano per di più diritti specifici dovuti alla loro condizione di prigionieri, che l’applicazione della pena debba avvenire nel rispetto della dignità umana del condannato, che il carcere è un luogo dove alla sicurezza va affiancato un percorso di riabilitazione sociale del detenuto, sono principi essenziali di umanitarismo e solidarietà sociale che nella comunità internazionale qualificano positivamente il sistema in cui si opera. Ed è proprio agli Agenti di Polizia Penitenziaeria che è affidato il difficile compito di far conciliare le azioni necessarie al mantenimento della sicurezza e il rispetto di queste regole penitenziarie internazionali.
In realtà, come sottolineato fin dal 1998 da Monika Platek, esponente di Human Rights Watch, ONG internazionale da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani, si può parlare di diritti solo quando esistono procedure chiare che ne permettono il libero esercizio ed organismi imparziali, pubblici e competenti che ne garantiscono la corretta applicazione. 
La persona detenuta deve essere sottoposta ad un’unica pena, quella della perdita della libertà, non a pene accessorie quali quelle di un trattamento lesivo dei propri diritti umani.
Il nostro ruolo di Medici Penitenziari è oggi inserito, inequivocabilmente ed in modo non più modificabile, in una visione del nostro Sistema Penitenziario proprio di questo tipo.>

Sergio Babudieri
Presidente Nazionale
SIMSPe-ONLUS

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Author: SIMSPE

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