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Maria Grazia Floris
13/05/2011

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Da riscrivere le regole di riforma sanitaria

“La nostra è una medicina di grande delicatezza. Ogni valutazione clinica
è anche una valutazione medico legale. E il Servizio sanitario nazionale
non ci sembra ancora pronto per assumere tale responsabilità”.
Dal IX Congresso Nazionale Simspe (Società italiana di medicina e sanità
penitenziaria), in corso a Milano, Luciano Lucania, segretario generale
dell’associazione, sottolinea i punti deboli della riforma che ha portato
la sanità penitenziaria dal Dap dritto dentro il Servizio sanitario. C’è
la specificità del malato recluso e del medico che lo cura: “Nelle carceri
ci sono utenti che hanno libertà di scelta condizionata.
Non sono ‐ sottolinea Lucania ‐ come gli altri cittadini, che se nel
Servizio sanitario hanno tempi di attesa troppo lunghi, si possono si
rivolgono ad altri”. La cosa, in teoria, al detenuto sarebbe permessa, ma
è impedita nei fatti dalla burocrazia della giustizia. E poi, ricorda la
Società italiana di medicina e sanità penitenziaria, ci sono “i grandi
problemi di inquadramento del personale”. Di medici e sanitari che si
prendono cura dei carcerati e che lavorano per il ministero della
Giustizia.
“In molte realtà ‐ sottolinea ‐ non manca una vera corsa alle poltrone”. E
ci sono poi i problemi “dell’obsolescenza delle strutture: locali non
idonei, macchinari vecchi, assenza di manutenzione”. Per questo, auspica
la Simspe, “bisogna creare una nova medicina: chi ha stilato il Dpcm che
sposta la sanità penitenziaria dalla Giustizia al Servizio sanitario ha
ignorato questi problemi”. Il decreto “va rivisto, vanno riscritte le
regole, perché chi le pensate lo ha fatto senza gli operatori”.

Redattore Sociale ‐ Dire, 3 dicembre 2008

Maria Grazia Floris
Author: Maria Grazia Floris

Medico chirurgo

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